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  • Immagine del redattorePaolo Benanti

Generazione Omega: la fine dell'umanità come l'abbiamo conosciuta?


Mi trovo in questi giorni a preparare un intervento sui giovani, le tecnologie e la loro relazione con lo spirituale e con alcune delle domande fondamentali che da sempre accompagnano l'umanità. Quelle che seguono sono alcune riflessioni sparse sul tema.

 

La nascita dei giovani

In tutti i paesi occidentali, con la ricostruzione postbellica degli anni Cinquanta del secolo scorso, riprende vita il processo di industrializzazione e di urbanizzazione che si era interrotta con la II Guerra Mondiale. Questa ripresa massiccia dell'industria postbellica innesca imponenti fenomeni migratori tanto tra nazioni (si pensi agli italiani che andranno in Germania, Francia, Svizzera o Stati Uniti) quanto tra regioni interne (si pensi, per rimanere al nostro paese, al flusso sud-nord). Le persone che entrano in questa dinamica di "fluidificazione" geografica e sociale sviluppano una presa di distanza dai modi di vivere di chi è rimasto nella terra natale. Gli studi sociologici ci dicono che sono soprattutto i giovani immigrati di seconda generazione a sperimentare lo scarto maggiore con le generazioni dei loro padri e madri. Le cause sono da cercare anche nel maggiore grado di istruzione che ricevono e dal fatto che vengano socializzati al cosiddetto modo di vivere "urbano" e "moderno". Anche le generazioni che vivono da tempo nelle grandi città industriali cominciano a cambiare per effetto del crescente livello di istruzione: si può dire che le leve generazionali post-belliche sono anche le prime che superano in massa il livello medio d'istruzione dei loro genitori. Questo elemento è particolarmente importante anche nei confronti di qualcosa di analogo che si sta riproponendo oggi con la digitalizzazione della società: le generazioni dei genitori non sono più in grado di competere con i propri figli.

I più giovani iniziano così ad avvertire - in modo strisciante - un senso di indipendenza, se non proprio di superiorità ed avvertono altresì la possibilità di migliorare il loro status socio-economico di partenza proprio grazie all'istruzione. Per effetto del notevole prolungamento degli studi e della relativa concentrazione-parcheggio di milioni di giovani nelle scuole superiori e poi nell'università si creano le condizioni per la formazione di un vero e proprio "movimento giovanile", consapevole della sua tipicità rispetto al mondo degli adulti e dotato di sufficiente autonomia culturale per elaborare una propria "cultura giovanile". A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso i giovani quindi acquisiscono una consapevolezza sociale che li fa percepire differenti dai loro genitori per il modo di vestire, per la musica che ascoltano, per gli interessi culturali e per i valori che animano il loro orizzonte di senso. Questa conflittualità generazionale tra giovani e adulti apertasi ormai cinquanta anni fa in maniera conflittuale, il Sessantotto, ancora non trova una soluzione e si è variamente ricomposta nei vari decenni che sono trascorsi. Ciascuna fase di evoluzione della condizione giovanile è rappresentata da gruppi, movimenti ed aggregazioni giovanili emblematiche e da risposte altrettanto tipiche da parte della società adulta: si va dalla reazione repressiva, alla reazione adattiva, fino ad una vera e propria accettazione-strumentalizzazione, riconoscibile dall'utilizzo a livello commerciale degli atteggiamenti e dei comportamenti un tempo considerati "trasgressivi".

Che giovane sei?

Le principali partizioni di questa variegata condizione giovanile, che qui riduciamo al minimo perché ci interessa descrivere l'ultima fase di questa evoluzione, sono le seguenti:

  1. I baby boomer (nati: 1945-1964): normalmente termine riferito al Nordamerica, indica quelle persone che hanno contribuito al sensibile aumento demografico avvenuto negli Stati Uniti in quegli anni (da qui baby boom). ​​​​Questa è la generazione che ha contribuito notevolmente all'aumento di domanda per beni di consumo, stimolando la crescita economica di quel periodo. I termini "baby boomer(s)", accanto ad altri, quali “boomies” o “boomers”, sono anche usati in paesi con indici demografici che non rispecchiano la crescita riscontrata nelle famiglie americane dello stesso periodo. Il confine tra il cambiamento effettivo delle condizioni socio-economiche e la nascita di nuovi miti e di nuove mode è difficile da tracciare. Nasce così la figura emblematica dei nuovi teenager (letteralmente ragazzi e ragazze dai 13 ai 19 anni): hanno più occasioni di stare a lungo con i loro coetanei, hanno più tempo libero, cominciano ad avere a disposizione qualche soldo in più dei loro predecessori. Sono desiderosi di maggiore libertà, soprattutto nei costumi, e irrispettosi nei confronti della società adulta. Questi giovani al loro interno vivono stagioni differenti: dagli anni '50 alla seconda metà degli anni '60, sono anni definibili come età del decollo giovanile; dalla fine degli anni '60 alla fine degli anni '70, sono anni coincidenti con la stagione della contestazione giovanile.

  2. Generazione X (nati: 1965-1984): generazione generalmente identificata dalla mancanza di ottimismo nel futuro, dallo scetticismo, dalla sfiducia nei valori tradizionali e nelle istituzioni. Dopo la risonanza della Generazione X nella cultura popolare e l'avvento dei Nirvana e della musica grunge, il termine è stato esteso a sempre più persone, nate dopo il Baby Boom e a volte prendendo anche l'appellativo di "generazione MTV". Con la commercializzazione del termine e la sua risonanza a livello mondiale, questa definizione è diventata sempre più oggetto di stereotipi e luoghi comuni sull'apatia di questa generazione. Gli appartenenti a questa generazione hanno un rapporto con la religione complesso: molti sono indifferenti, altri si iniziarono a professare atei per marcare la distanza dai loro genitori e della società in generale, altri ancora sono religiosi, ma credono in una forza suprema (deismo) non rappresentabile in Dio. Quello che caratterizza comunque la Generazione X è, in generale, un'assoluta assenza di dogmatismo. Sono giovani cresciuti durante la guerra fredda e gli anni di Ronald Reagan negli USA che hanno assistito al collasso dell'Unione Sovietica e alla consacrazione degli Stati Uniti d'America come unica superpotenza mondiale.

Molti sostengono che se non si possa parlare di una generazione non proprio schiacciata, quantomeno cresciuta all'ombra dei Baby boomers che, essendo numericamente più consistente e grazie anche a un significativo aumento della longevità, ha finito per imporre la propria visione del mondo e la propria centralità negli assetti di potere. La Generazione X, insomma, sarebbe una generazione per certi versi ‘invisibile', priva di un'identità sociale e culturale definita e costantemente esposta al rischio di subalternità rispetto alla precedente. Qualcuno propone di dividere all'interno di questa fascia un sottogruppo: gli Xennial (nati: 1977-1983). In pratica gli Xennial una piccola «generazione di mezzo» che ha conosciuto sia il pre-digitale che quello che è venuto dopo, riuscendo ad adattarsi a due «mondi» completamente diversi. Un'esperienza unica che permette agli Xennial di attraversare con successo la fine di un'era e l'inizio di un'altra. Complici, forse, un'infanzia e un'adolescenza serena, senza abusi sui social media o umiliazioni via web. Gli appartenenti a questo sottogruppo si riconoscono in quei piccoli video nostalgici che girano sul Web in cui si dice che sono loro che hanno organizzato incontri con gli amici solo con telefonate da telefoni fissi: si decideva un appuntamento e ci si presentava a quell’ora, ma che oggi hanno saputo adattarsi al web e ora fanno tutto attraverso le app. Questo gruppo è interessante perché rappresenta sostanzialmente il simbolo della capacità di adattamento dell'uomo: gli ultimi a ricordare che, quando la cassetta si inceppava nel mangianastri, il problema si poteva risolvere con una semplice matita e i primi ad acquistare entusiasti un iPhone apprezzando pienamente il fatto che per collegarsi a Internet non si dovesse più tenere libera la linea telefonica. Gli Xennial non hanno il pessimismo della Generazione X e nemmeno l'ottimismo dei Millennial, ma hanno saputo mettere a frutto le proprie esperienze passate per guardare con uno sguardo tutto particolare il futuro previsto dai film di quando erano bambini.

  1. Generazione Y o Millennials (nati: 1985-1994): una generazione che vede la sua migliore descrizione nei lavori di Simon Sinek, uno scrittore, motivatore e consulente di marketing anglo-americano che, tra le altre cose, ha spesso trattato la questione dei Millennial nei suoi interventi, rispondendo alle domande più comuni sul tema.

Secondo Sinek le caratteristiche di questa generazione coloro che fanno parte di questa generazione sono difficili da gestire, pensano che gli sia tutto dovuto, hanno tratti narcisisti ed egoisti e sono dispersivi e pigri. Per Sinek, i Millennial spesso si trovano nella condizione di avere tutto ciò che vorrebbero avere, ma ad essere ugualmente infelici e questo perché vi sono quattro fattori che hanno influenzato la crescita di coloro che fanno parte di questa generazione e che hanno avuto delle conseguenze ben precise. Il primo fattore sono le strategie fallimentari di educazione familiare che sono state caratterizzate dal fatto che i Millennial sono cresciuti sentendosi dire che erano speciali e che "potevano avere tutto ciò che volevano dalla vita, solo perché lo volevano". Questo ha avuto l'effetto di non averli preparati alla vita reale. Un altro fattore è la tecnologia, che si è diffusa sempre più negli ultimi anni e che crea forte dipendenza perché permette al nostro corpo di rilasciare dopamina, la stessa che si crea fumando, bevendo o scommettendo. La tecnologia, però, può essere utilizzata da tutti, soprattutto dagli adolescenti. Questo comporta che, in un periodo di alto stress come quello dell'adolescenza, i giovani si rivolgano alla tecnologia per far sì che il loro corpo produca dopamina e questo li rende dipendenti, tanto che nel corso della loro vita continueranno a rivolgersi alla tecnologia nei momenti di stress. Tutto ciò si ripercuote sulle loro capacità relazionali, rendendoli incapaci di creare dei veri e propri rapporti con le persone, ma solo relazioni superficiali e su cui non fanno affidamento. Il terzo fattore è il senso di impazienza dovuto al fatto di crescere in un mondo di gratificazioni istantanee, senza dover mai attendere nulla, ma ottenendo tutto ciò che vogliono con un solo click. Questo crea in loro un grande senso di frustrazione nel momento in cui devono ottenere dei risultati che necessitano di pazienza, come molte delle cose importanti della vita (ad esempio, l'amore o le gratificazioni lavorative). L'ultimo fattore è il contesto: quando i Millennial si trovano in un ambiente aziendale, per esempio, devono scontrarsi con tutte le difficoltà che questo comporta e che sicuramente non li aiuta a raggiungere un equilibrio, oltre a costringerli ad affrontare alcune delle loro lacune in termini relazionali ed emotivi. Questi sono i fattori che determinano la loro insoddisfazione che secondo Sinek non è una loro colpa, ma dell'epoca in cui sono cresciuti e in cui vivono che li fa convivere continuamente con un senso di frustrazione ed infelicità.

  1. Generazione Z o Centennials (nati: 1995-2010): secondo una ricerca del 2013 condotta da Ameritrade rileva che il 36% della Generazione Z negli Stati Uniti (considerando in questa sede coloro che hanno tra i 14 e i 23 anni) nutre preoccupazione sulla possibilità di potersi permettere un'educazione superiore. Questa generazione si trova ad affrontare un crescente divario di reddito della classe media, che aumenta il livello di stress nella popolazione. Un documento redatto dalla Frank N. Magid Associates rileva che questo gruppo generazionale mostra sentimenti positivi nei riguardi della crescente diversità etnica degli Stati Uniti, e che sono più disposti rispetto ai loro predecessori ad includere nelle proprie cerchie sociali persone di diversi gruppi etnici, religioni e razze. Secondo Magid, la Generazione Z è "l'ultima a cui sia apparso verosimile che ci sia stato una cosa come il sogno americano" mentre i Baby Boomers e i loro figli, i Millennial "erano molto più propensi a credervi".

La Generazione Z è in gran parte composta dai figli della Generazione X, e, come è accaduto per la Generazione X, questa è stata offuscata da quella successiva, più numerosa. I membri più giovani della Generazione Z sono i primi a vivere l'epoca dei matrimoni omosessuali legalizzati (2015) e ad approvare senza timore questa parità di diritti. La Generazione Z è generalmente meno propensa ad avere una condotta rischiosa, rispetto a certe attività, dei Millenials. Nel 2013, il 66% dei teenager (i membri più anziani della Generazione Z) ha provato l'alcol, l'82% in meno rispetto al 1991. Sempre nel 2013, l'8% degli adolescenti della Generazione Z non ha mai o ha raramente indossato la cintura di sicurezza durante un viaggio in macchina con il conducente: nel 1991, la percentuale era del 26%. I giovani adulti della Generazione Z hanno meno fede nel sogno americano “dopo aver visto i loro genitori e fratelli lottare duramente per affermarsi nel mondo del lavoro.” Essendo una generazione nata e cresciuta in un periodo di recessione economica, i membri di questo gruppo di persone hanno avuto esperienza in prima persona della paura e dello scoraggiamento che implica l'assenza di un impiego; come conseguenza, i membri della Generazione Z ricercano la soddisfazione personale in un impiego legato alle loro passioni più che a un salario alto. Come scrive Jeffrey Arnett, gli adulti emergenti “si aspettano di trovare un'occupazione che rispecchi la propria identità”. Sono disposti, più spesso che in passato, a provare una serie di lavori e tirocini in qualcosa a cui tengono veramente, piuttosto che accettare un lavoro stabile ma insoddisfacente. Gli studenti della Generazione Z si auto-identificano come leali, compassionevoli, riflessivi, di mentalità aperta, responsabili e determinati. Il modo in cui però vedono i loro coetanei è differente da come affermano se stessi: essi li definiscono come competitivi, spontanei, avventurosi e curiosi, tutte caratteristiche raramente vedono in loro stessi. Questa generazione è stata la prima a poter usufruire di internet sin dalla prima infanzia. Con la rivoluzione del web che ha caratterizzato gli anni novanta, la Generazione Z è stata esposta a una quantità di 'tecnologia' impensabile per i predecessori. Sono più propensi a "seguire" gli altri sui social media che a "condividere" e usare i diversi social per gli scopi più svariati. Un test ha mostrato che molti teen sono infastiditi da molte caratteristiche di Facebook, ma che continuano tuttavia ad usarlo poiché ritengono che la partecipazione sia importante al fine di socializzare con amici e coetanei. Twitter e Instagram stanno aumentando la loro popolarità tra i membri di questa generazione, tanto che il 24% (destinato a crescere) di teen che accedono a Internet ha un account su Twitter. Questo in parte si deve al fatto che spesso i loro genitori non utilizzano queste piattaforme. Snapchat è diventato un social molto attraente per questa generazione perché video, immagini e messaggi sono spediti più velocemente che con altre piattaforme. Velocità e affidabilità sono due aspetti importanti nella scelta della piattaforma social per questa generazione. Questa necessità di comunicare velocemente ha fatto sì che questa generazione apprezzi in maniera particolare applicazioni come Vine (service) e che usi prevalentemente emojis. L'utilizzo dei social media non è solo finalizzato ad essere aggiornati su ciò che succede nel mondo, ma anche e soprattutto per sviluppare e mantenere vive relazioni con persone vicine. L'uso dei social media è diventato parte integrante delle vite quotidiane di coloro che nella Generazione Z hanno accesso alla rete: quello che ne consegue è un vasto utilizzo dello smartphone in termine di ore. Lo sviluppo di relazioni online è diventata una norma per questa generazione. Questa generazione utilizza i social media per rafforzare il rapporto con gli amici e per costruirne di nuovi; essi interagiscono anche con persone che non avrebbero mai potuto incontrare nella vita reale, ed è così che i social diventano uno strumento di creazione di identità. I social media sono conosciuti per essere un veicolo di espressione dei propri gusti e di condivisione delle proprie vite; d'altra parte però, questo utilizzo non di rado provoca violenti episodi di razzismo.

Se queste sono le partizioni generazionali che, a grandi linee torniamo a ripeterlo, la sociologia a mio giudizio rimangono ancora inesplorate alcune questioni di fondo che come adulti e come educatori dobbiamo mettere a fuoco ed avere ben presenti.

La Generazione Omega

Nei prossimi venti anni, la generazione di bambini nati nel terzo millennio, affronterà tre domande fondamentali. La risoluzione di queste domande descriverà, nel bene e nel male, un mondo così profondamente diverso da tutto ciò che l'umanità ha ancora sperimentato per essere veramente la fine di un'era.

Alla luce di questo mi sento di rompere con questa tradizione sociologica recente di classificare i giovani con etichette e categorie generazionali X, Y e Z. Mi sembra che per la qualità e caratteristiche del cambio tecnologico che abbiamo mediato nella società dovremmo considerare questi ragazzi - non questi giovani, cioè questi alieni al mondo degli adulti che ha caratterizzato le analisi fin qui fatte - come una Generazione Omega. Se si considera la sterminata immensità del continente digitale che questi ragazzi devono affrontare per costruire al loro identità di essere umani adulti, penso che si possa essere d'accordo sul fatto che sia più appropriato vedere questa generazione come l'ultima generazione (umana) - sono cosciente che l'espressione e forte e provocatoria ma spero nelle righe seguenti di poter rendere giustizia a questa provocazione. Il tema chiave è che questa generazione se riuscirà a colonizzare e a urbanizzare questo nuovo continente digitale, il Digital Age, potrebbe trasformare se stessa in qualcosa di molto diverso da ciò che attualmente intendiamo come umano.

Di fatto questa è la generazione che dovrà prendere sul serio le provocazioni del post-umano. Non si deve pensare che il post-umano si costituisca unicamente come un insieme di idee e di pensatori di stampo apocalittico refrattari a ogni forma di sviluppo tecnologico. Il postumanesimo si costituisce attorno alla nascente consapevolezza che la visione tradizionale di cosa costituisca un essere umano è soggetta ad una profonda trasformazione. Se Hannah Arendt a metà del Novecento aveva parlato della condizione umana come la somma delle attività e delle capacità dell’uomo che costituiscono caratteristiche essenziali dell’esistenza umana, ora si ritiene necessario parlare di una condizione postumana che non può essere facilmente definita ma che è la condizione dell’esistenza in cui ci troviamo da quando è cominciata l’era postumana. Il movimento postumano parte dall’assunto che una trasformazione profonda nel vivere dell’uomo è già avvenuta e che il risultato di questa trasformazione genera un cambiamento nel suo modo di essere dando inizio all’era postumana. Da questo punto di vista il movimento postumano, pur nella sua eterogenesi e nella sua diversità, si differenzia dai numerosi altri movimenti futuristici: chi si riconosce appartenente alla corrente postumana non guarda al futuro possibile ma alla realtà presente, riconoscendo che un cambiamento radicale nel modo di essere uomini già c’è stato. Quello che sappiamo che la figura di uomo che abiterà il nostro futuro è quella di un essere errabondo e in ricerca. Se saprà accogliere un richiamo spirituale tornerà ad essere viator altrimenti si autocondannerà ad essere errabondo e senza meta - per chi fosse interessato a inquadrare meglio il discorso con una maggiore ampiezza di argomentazioni rimando a due mie pubblicazioni sul post-umano e sulla condizione tecno-umana -.

Di fatto la Generazione Omega deve rispondere, in un modo che ormai non è più ulteriormente rimandabile ad alcune domande fondamentali sulla nostra natura umana. Queste questioni riguardano:

  1. la relazione dell'umanità con il suo ambiente

  2. la relazione dell'umanità con la tecnologia

  3. la relazione dell'umanità con se stessa

Proviamo ad esplorare brevemente ciascuna di queste domande.

1. La relazione dell'umanità con l'ambiente

Stewart Brand ha creato un suo slogan dal Whole Earth Catalog del 1968 da "Siamo come dei e potremmo anche farci del bene", il messaggio era chiaro: gli esseri umani hanno raggiunto un livello di potenza e impatto globale sulla terra. Abbiamo creato una nuova era geologica: l'antropocene. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo imparare come assumerci la responsabilità per il nostro intero ambiente globale.

Dall'acidificazione degli oceani all'esaurimento del suolo, dallo scioglimento dei ghiacci ai drammatici cambiamenti nella composizione chimica del nostro ambiente, l'impatto della popolazione e del potere della tecnologizzazione umana è decisivo. Questa è una sfida che non ha precedenti nella totalità della storia globale - ed è una sfida che cadrà saldamente sulle spalle della Generazione Omega.

La risoluzione di questa sfida richiederà profondi cambiamenti sistemici. Ad esempio, dovremo sviluppare capacità collaborative globali per la ricerca di soluzioni e strategie che siano all'altezza di far sopravvivere otto miliardi di persone dotate di poteri tecnologici straordinari.

Questo significa molto di più che arrivare ad un consenso su come funziona il mondo e su come le nostre azioni influiscono su di esso. Significa imparare a coordinarsi veramente in un modo che non abbiamo mai vissuto come esseri umani da quando, 70.000 anni fa dall'Africa abbiamo colonizzato tutto il pianeta. In un'enorme incertezza globale dovremo impegnarci in operazioni di geoingegneria su larga scala mentre perseguiamo comportamenti intelligenti ed efficaci capaci di arrivare a gestire la vita quotidiana di ogni individuo. Sembra poco plausibile. Una visione utopica. Forse. Ma un'utopia che per la prima volta sarà costruita non per aspirazione, ma per necessità. Come ha detto il già citato Stewart, "Siamo come dei. Dobbiamo diventare bravi. "

2. La relazione dell'umanità con la tecnologia

Forse la verità più sbalorditiva dell'età moderna è che certi tipi di tecnologia avanzano non su linee lineari, ma su curve esponenziali. La famosa legge di Moore si applica alle batterie e alla larghezza di banda tanto quanto ai processori. Ogni anno una sempre maggior parte del mondo della tecnica viene risucchiato in queste curve esponenziali. A grandi linee, ciò significa che ogni anno vede più "innovazione" rispetto a tutti gli anni prima messi insieme.

Questo implica che i prossimi venti anni presenteranno cambiamenti tecnologici così profondi da rendere quasi irrilevante tutto ciò che è venuto prima. Le comunità fantascientifiche e postumaniste si sono a lungo sobillate e stimolate con le conseguenze di una crescita tecnologica esponenziale. Per la Generazione Omega queste speculazioni si muoveranno fermamente nel regno della realtà.

Stimare questi tipi di cambiamenti è notoriamente difficile. Matematicamente, con tutti i limiti teorici della cosa, se la nostra capacità tecnologica continua a crescere allo stesso ritmo con cui è cresciuta, in vent'anni ci saranno almeno un milione di persone tecnologicamente più capaci di noi oggi. Un milione di volte - in una generazione. È un po 'come passare dall'invenzione della scrittura all'invenzione del computer - in una singola generazione.

Gli esseri umani come li conosciamo attualmente non hanno assolutamente idea di come adattarsi a tale velocità e portata del cambiamento. Dimentichiamo le auto senza conducente, le stampanti 3D e i droni autonomi. Cosa saremo capaci di fare? Certamente intelligenza potenziata dal cibernetico e controllo dettagliato sul materiale genetico dei figli con tecniche come la CRISPR. Probabilmente tecnologie simili alla telepatia e alla "coscienza a sciame" dove diventa impossibile distinguere i "tuoi" pensieri dai pensieri delle persone a cui sei connesso. Forse una realtà virtuale simile a Matrix che è indistinguibile dalla realtà.

E forse la superintelligenza digitale, quella che è il sogno preferito dai "singolaristi". Elon Musk continua a dire: "Spero che non siamo solo il bootloader biologico per la super-intelligenza digitale. Sfortunatamente, questo è sempre più probabile". La Singolarità è vicina? Forse non ancora, ma sembra sempre più probabile che la Generazione Omega lo scoprirà.

Indipendentemente da ciò, è probabile che la Generazione Omega si ritroverà a esercitare un potere su tutti i vari aspetti della vita molto più grandi di quelli finora toccati dall'uomo. Il modo in cui gestiremo tale potere è solo immaginato. Ma ciò che ci aspetta potrebbe benissimo essere più differente da quello che noi siamo oggi di quanto noi lo siamo dai nostri antenati ominidi.

3. Relazione dell'umanità a se stessa

Si apre a questo punto una domanda cruciale finale: in che modo l'umanità giungerà ad avere la saggezza collettiva e individuale per accettare questa responsabilità e per esercitare questo potere tecnologico?

Per coloro che sono studenti di antropologia culturale, questa domanda potrebbe essere la più scoraggiante. Per millenni, abbiamo - almeno apparentemente - aspirato a un mondo caratterizzato dalla pace interiore ed esteriore. Grandi maestri, filosofi e leader hanno camminato tra noi, numerose grandi tradizioni hanno tentato di fornire pratiche per portarci saggezza. Eppure la guerra, la violenza e l'odio sono ancora una parte dominante del nostro mondo. Sembra una speranza disperatamente folle pensare che in una semplice generazione potremmo portare una massa critica di umanità ad un livello di saggezza, compassione e integrità che è adeguata al compito. A volte ci sono riusciti meglio a volte peggio. Sempre abbiamo trovato soluzioni fragili e precarie.

Questo sarà anche il compito della Generazione Omega. Fino ad ora, le generazioni giovanili sono state un fenomeno a livello nazionale. Una generazione è definita da un insieme condiviso di sensibilità culturali. Sembra che da un po 'di tempo assistiamo alla lenta nascita di una vera cultura globale. Certamente, la generazione di Baby Boomer in America ha profonde differenze dai loro pari inglesi, tedeschi o giapponesi. Ma altrettanto certamente, ha molto più in comune rispetto ai loro rispettivi genitori o nonni. Nei settant'anni intercorsi, i media globali, la tecnologia globale, il commercio globale e una crescente sincronizzazione degli eventi di crisi globali hanno solo contribuito a intensificare la cultura globale.

Ciò significa che la Generazione Omega potrebbe non essere semplicemente la prossima generazione americana, ma la prossima, e prima, generazione trasversale sul palcoscenico mondiale. E, data la natura intrinsecamente globale delle loro sfide generazionali, è probabile che siano la prima generazione veramente globale.

Non c'è dubbio che viviamo un momento caratterizzato da una forte inquietudine. In primo luogo bisogna strappare questo senso di inquietudine al subconscio collettivo in cui abita. Bisogna cioè far emergere le cause che ci chiudono in un orizzonte inquieto. Lo smarrimento della speranza, del domani e di un senso di un futuro sono il frutto di uno smarrimento del senso dell’umano. Solo se diverremo coscienti di questa perdita di orizzonte potremo trovare una risposta. In seconda istanza bisogna tornare a essere comunità. Se l’uomo si riduce ad individuo, surrogando tutte le sue relazioni con la tecnologia, questa esistenza atomizzata diventa isolata e sola. Ma il senso, la capacità dell’uomo cioè di andare oltre la mera materialità degli accadimenti, appare e si rende evidente solo nella relazione interpersonale. Allora solo tornando a un mondo di relazioni reali e non virtuali sapremo far apparire di nuovo quegli orizzonti di senso che dischiuderanno un desiderio condiviso di domani. Che, in altri termini, ci renderanno nuovamente visibile quella tensione al domani che appartiene alla nostra costituzione umana e che prende piena luce nella rivelazione cristiana.

Questo futuro appartiene alla Generazione Omega. Vincere o perdere, il loro sarà un ponte generazionale verso un futuro incerto. E non vi è alcuna garanzia che possano affrontare con successo queste sfide. In effetti, in tutta onestà, le probabilità sono fermamente contro di loro. Così come siamo ora, specie con le recenti tensioni internazionali che crescono quotidianamente, ci sono molte ragioni per temere e solo pochi motivi per sperare. Ma ci sono motivi per sperare. Primo fra tutti è che la Generazione Omega non è ancora stata educata. I più grandi tra loro non sono ancora adolescenti e i più giovani non sono ancora nati. Sono ancora in procinto di diventare chi saranno e, quindi, abbiamo l'opportunità di dare loro la migliore possibilità possibile mentre ancora, da adulti, teniamo le redini del potere e possiamo decidere che mondo lasciare loro e verso cosa orientarli.

Sappiamo cosa dovranno affrontare. Cosa possiamo fare ora per aiutarli?

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