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  • Immagine del redattorePaolo Benanti

Amazon Go: la rivoluzione del lavoro nel quotidiano


Quando a giugno Amazon ha annunciato di aver acquistato acquistando Whole Foods, per 13,7 miliardi di dollari, il mondo del business ha iniziato a speculare su cosa, esattamente, il più grande rivenditore online del mondo ,pianificasse di fare con questa catena di supermercati considerati di fascia alta.

Una prima questione riguarda il processo di fisicalizzazione (mortar and brick per usare il termine tecnico inglese) che Amazon e i grandi giganti del retail online stanno pian piano mettendo in atto. Quello a cui si assiste è una tendenza che vede i grandi colossi dell'online passare pian piano al mercato tradizionale del negozio fisico anche se con modalità nuove e innovative. Amazon aveva adottato misure per entrare nel business della vendita di alimenti freschi, ma questo settore merceologico era ben lontano dalle aree di competenza dell’azienda.

Un secondo elemento che ha guidato le speculazioni era connesso al fatto che gli analisti avevano notato che Amazon è stato, e continua ad essere, uno degli investitori più aggressivi nella robotica e nella tecnologia dell’intelligenza artificiale. Sei anni fa, Amazon ha acquistato Kiva, un’azienda produttrice di robot mobili per rendere più semplice l’automazione dei centri di distribuzione di Amazon, risparmiando potenzialmente miliardi di dollari e dando vita ad Amazon Robotics. Quando ha acquisito Whole Foods sembrava ovvio che Amazon potesse tentare di automatizzare anche la catena di supermercati.

Con l’apertura di questa settimana, a Seattle, del primo negozio di alimentari Amazon automatizzato, chiamato Amazon Go, la visione di Jeff Bezos sul futuro del settore retail è completamente visibile  ed è una visione che coinvolge pochissimi lavoratori umani reali. Ciò che ha creato Bezos ha quindi implicazioni potenzialmente enormi per economisti, datori di lavoro e responsabili politici se il successo sarà paragonabile a quello dei suoi altri business. La questione, ne siamo certi alimenterà sicuramente il dibattito sull’automazione e il futuro del lavoro.

L’automazione si è diffusa in tutte le industrie manifatturiere di tutto il mondo, introducendo la tecnologia in linee di assemblaggio per svolgere alcuni dei lavori fisicamente più gravosi e ripetitivi. I robot sono spesso progettati per rendere i lavori degli operatori umani meno stressanti e più efficienti. Questo è un punto molto importante da tener presente: se il lavoro umano diviene meno usurante e meno rischioso per l’uomo la robotizzazione è un bene al servizio della qualità della vita e deve far combattere, come più volte ha detto Marco Bentivogli, le fake news sul mondo del lavoro.

Tuttavia sappiamo che la tecnologia potrebbe evolvere al punto in cui i ruoli quasi si potrebbero invertire. Alla fine, gli operai o i lavoratori potrebbero essere relegati semplicemente ad aiutare le macchine a eseguire quasi tutti i compiti, a volte sospesi in background nel caso si rompessero. A un certo punto, gli operatori umani potrebbero non essere affatto necessari, o almeno non nello stesso modo in cui lo sono stati fino ad oggi. I negozi al dettaglio, con i loro imprevedibili ambienti fisici e le costanti interazioni con i clienti erano, al contrario di altri settori, considerati molto più difficili della produzione automatizzata. Daron Acemoglu, un economista del M.I.T. ha commentato come “la vendita al dettaglio è in ritardo in termini di automazione high-tech. Ha avuto il settore legato ai commessi che in parte è stato già state automatizzato, come i cassieri e così via, ma molte altre aree, come negozi di alimentari e centri commerciali, sono molto indietro in termini di robotizzazione, perché le attività svolte dalle persone sono spesso più complesse”.

Se ci pensiamo non si tratta di spruzzare ripetutamente vernice su parti del corpo macchina o praticare fori su pezzi di acciaio: i venditori al dettaglio spesso assistono gli acquirenti, rispondono alle domande o riforniscono gli scaffali. È una cosa difficile da ottenere tuttavia Amazon Go è un segnale che questo probabilmente potrà avvenire.

Negli States i negozi al dettaglio impiegano 4,8 milioni di persone, secondo il Bureau of Labor Statistics e saranno loro, e i milioni di altri che lavorano in ruoli secondari dietro le quinte delle attività commerciali, i diretti interessati. Per decenni, la convinzione condivisa dagli economisti è stata che i progressi tecnologici hanno creato più posti di lavoro — o almeno tanti quanti —  eliminati, spostando spesso i lavoratori in ruoli più sofisticati che non potevano essere automatizzati. Per fare un esempio i cassieri di banche sono stati in gran parte sostituiti da bancomat (i famosi sportelli automatici ATM) ma il numero di persone impiegate presso le banche è nondimeno aumentato.

Negli ultimi anni, però, come i campi della robotica e delle AI hanno sperimentato ampi balzi tecnologici, il dibattito si è spostato, e molti economisti hanno riconosciuto che l’equilibrio tra posti di lavoro creati e posti di lavoro eliminati potrebbe iniziare a muoversi in un’altra direzione, portando quasi certamente a una maggiore disuguaglianza di reddito.

Già siamo abituati alla possibilità di effettuare acquisti in negozio tramite, spesso esasperanti, chioschi di self-checkout esiste da un po’ di tempo; la novità è che la piccola rivoluzione che Amazon Go porta all’esperienza di acquisto è proprio l’eliminazione del processo di checkout. I computer analizzano i telefoni degli acquirenti mentre entrano, e vengono automaticamente create le note spese per gli oggetti che i clienti mettono nei loro sacchetti della spesa e che portano a casa (è interessante che in un articolo un giornalista del Times ha detto che l’esperienza sembrava un “taccheggio”). In Amazon Go ci sono ancora alcuni lavoratori umani che continuano a girare nel negozio, a gestire problemi, a rispondere a domande e a controllare il documento di chiunque cerchi di comprare del vino (la vendita degli alcolici è strettamente proibita ai minori di 21 anni negli USA).

Dal punto di vista del consumatore, se il sistema funziona davvero, la tecnologia potrebbe trasformare il compito di fare la spesa: niente più attesa spasmodica in una lunga fila per pagare alla fine degli acquisti. Dobbiamo riconoscere che è difficile dire se la tecnologia nel mondo del retail metterà fuori dal mercato del lavoro milioni di persone, o semplicemente crei nuove opportunità per trasferirsi in altri tipi di lavoro. La risposta a questa domanda sarà decisa dai politici e dalle scelte di politica pubblica sulla fiscalizzazione, sulla politica dell’istruzione e sulla spesa per le infrastrutture: queste sono tutte voci che hanno effetti molto grandi sulle scelte di una qualsiasi azienda, anche di una così grande e potente come Amazon.

Quello che dobbiamo aver presente è che le condizioni economiche e tecnologiche che stanno determinando dove l’automazione ci sta portando, non sono scolpite nella pietra ma sono scelte sociali su cui i decisori politici e i policy makers hanno grande spazio di intervento. Spetta all'opinione pubblica sollevare la questione e spingere i decisori a mettere in atto politiche che siano di migliore interesse per la collettività. Non si tratta di essere passivi come di fronte a un destino inevitabile ma di farci co-attori in questo processo di modellazione della società attraverso l’automazione e l’introduzione delle AI.

Anche se c’è ancora molto da capire sulla relazione tra automazione e occupazione, la normativa fiscale attuale e altre politiche di fatto hanno incentivato i datori di lavoro a sostituire i lavoratori con le macchine, ma non hanno mai incentivato l’introduzione di macchine che potrebbero lavorare in collaborazione con i lavoratori umani.

Sono convinto che l’automazione ha il potenziale per creare maggiore ricchezza ma ha anche il potere di aumentare allo stesso tempo l’ineguaglianza economica. L’aumento di macchine sempre più potenti ridurrà inevitabilmente la domanda di lavoro umano ma se si genera una consapevolezza sociale che diventi un impegno con a condividere la ricchezza dell’economia robotica in modo più equo assieme a investimenti appropriati nell'istruzione e nella formazione dei lavoratori l’aumento della disoccupazione e della disuguaglianza potrebbe essere gestito o almeno rallentato.

Di fatto se non troviamo un modo per creare ricchezza condivisa mediante l’incremento dei margini di produttività generati dalle AI c’è il pericolo che si generi una reazione sociale e politica a queste nuove tecnologie — un nuovo luddismo — che può rallentare o addirittura arrestare completamente la loro adozione e sviluppo e danneggiare il benessere del paese.

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